Il governo, o meglio i suoi componenti piaccciono, e mi piacciono. Molti giovani, molti vecchi ma accettabili, nessuno decisamente impresentabile, qualche vera perla, come la Bonino agli esteri (e sarà interessante vederla all’opera).

Ma le buone notizie finiscono qui. Ho seguito distrattamente i resoconti sul discorso programmatico di Letta. Mi è bastata la pioggia di promesse sulla riduzione delle tasse, senza alcun accenno alle coperture cui sarebbe necessario ricorrere.

Buffo (o sintomatico?) che Letta cominci proprio da dove aveva cominciato Berlusconi cinque anni fa. Allora era l’Ici, oggi è diventata l’Imu, ma ancora una volta la classe dirigente parla alla pancia della parte sazia del paese invece che avviare un discorso di verità che abituti tutti, affamati ma soprattutto sazi, a ragionare su che cosa serve al paese. Ed è sintomatico che, ancora una volta, l’unica voce di verità e di ragionevolezza, venga dai tanto deprecati e criticati liberisti ed in particolare da un lucidissimo Carlo Stagnaro sul Foglio.

Ridurre o abolire l’Imu vuol dire premiare il patrimonio a scapito del reddito, gli anziani a dispetto dei giovani, il declino invece dello sviluppo.

E sono pronto a scommettere che il Parlamento approverà all’unanimità. E che fra tre anni ci ricorderemo della profezia di Monti, quando ancora aveva sottomano l’agenda, “chi toglierà l’Imu dovrà rimetterla raddoppiata”. Profezia di cui si è pure persa la traccia su Internet, ma che ritornerà.